Pagina del geologo Enrico Collo

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Geologia - La storia geologica del Pianoro della Gardetta 2\2

La storia geologica del Pianoro della Gardetta

      Parte seconda: ...E poi si formarono le montagne.

Abbiamo lasciato la storia raccontata dalle rocce della Gardetta a circa 200 milioni di anni fa, quando questi luoghi assomigliavano molto alle attuali Bahamas, sia dal punto di vista climatico che ambientale. Si trattava delle fasi iniziali della formazione di un oceano ormai scomparso, la cui estensione si può ancora oggi ricostruire lungo gran parte delle Alpi.

Il fatto di riconoscere fossili marini sulle pareti delle montagne non significa che il mare ricopriva le cime dei monti, come comunemente si crede, bensì che queste ultime un tempo rappresentavano un fondo marino successivamente sollevato alle altezze attuali. Le forze responsabili dell’innalzamento furono colossali spinte di compressione sviluppatesi nello scontro fra i continenti che bordavano tutta l’area compresa fra il Mediterraneo e l’India settentrionale.

E’ fondamentale dunque distinguere chiaramente due eventi geologici successivi ed indipendenti: il primo fu la formazione delle rocce, che alla Gardetta abbiamo visto comprendere un periodo fra i 300 e i 210 milioni di anni fa, preludio alla formazione di un nuovo oceano, la Tetide; il secondo portò al sollevamento delle montagne, fenomeno che nel caso delle Alpi interessa gli ultimi 70 milioni di anni ed è ancora attualmente attivo, come ben ci ricordano i frequenti terremoti che interessano le nostre valli.

Le Alpi, come si può intuire guardando un atlante geografico o una fotografia dal satellite, rappresentano la parte di una enorme cicatrice della crosta terrestre, e si sono originate dallo scontro di due continenti: l’Europa da un lato e un promontorio dell’Africa, chiamato Adria, dall’altro.

L’oceano che li separava, la Tetide per i geologi, si è trovato dunque fra questi due blocchi entrati in collisione, rimanendone schiacciato e subendo l’accavallamento, il sollevamento e l’impilamento dei suoi fondali marini.

Anche la più fervida immaginazione fatica a ricostruire nella mente l’imponenza di un tale evento geologico, eppure sono sempre le rocce a confermare la ricostruzione dell’antica geografia del territorio da cui oggi emergono le montagne.

 

Risalendo la Valle Maira fino a San Damiano, sul versante settentrionale si ritrovano i resti del promontorio del continente "africano", Adria; le rocce tipiche, per esempio, sono quelle del San Bernardo e del Roccerè (Massiccio Dora-Maira). Tutta la parte rimanente delle Valli Maira e Grana rappresenta invece i fondali dell’oceano della Tetide, del quale si può ricostruire l’antica geografia: i suoi margini vicino alle aree emerse dei continenti, le scarpate franose che li collegavano alle zone marine più profonde ed ai vulcani sottomarini che ne costituivano la cosiddetta "dorsale oceanica" (Zona Piemontese dei Calcescisti e Flysch ad Helmintoidi). Passando infine verso le Valli Stura e Gesso si ritrovano i resti dell’antico limite del continente europeo (Zona Permo-Carbonifero Assiale, Brianzonese e Subbrianzonese, Copertura Autoctona e Massiccio dell'Argentera) : è una battuta, ma fino alla formazione delle Alpi l’Italia non faceva ancora parte dell’Europa!
L’area della Gardetta si trovava già in prossimità del continente europeo, in un dominio geologico chiamato "Zona Brianzonese", in quanto la stessa successione di rocce affiora in modo significativo nella regione di Briançon, in Francia. Nel corso della ricerca per la tesi è stato stupefacente riconoscere la similitudine fra zone così lontane (dalla Svizzera alla Liguria), che può essere seguita anche nella successione dei singoli strati; ciò significa che si trattava di un braccio di mare molto omogeneo e continuo, in grado di registrare gli stessi  avvenimenti ecologici e climatici (organismi che lo abitavano, tempeste, periodi di siccità ed alta salinità delle acque, oscillazioni del livello marino) anche alla distanza di centinaia di chilometri. Questi innumerevoli indizi ambientali vengono intrappolati nelle rocce al momento della loro formazione, mentre altre fondamentali informazioni sono dovute alla compressione successiva, la quale registra nelle rocce già formate strutture tipiche come piegamenti, fratturazioni, impilamenti e sovrascorrimenti dei sistemi rocciosi a diversa scala.
 Sommando ogni testimonianza che gli può giungere dal passato, il geologo-ricercatore si sforza da secoli, con metodi rigorosi, di ricostruire la storia della Terra. Spesso egli si trova a lavorare con piccoli tasselli di un immenso mosaico che, uniti pazientemente fra loro, portano ad una immagine suggestiva ma realistica di ciò che è avvenuto, regolato principalmente dalle forze che si sprigionano dalle viscere della Terra. La consapevolezza profonda che egli matura è quella di far parte di un mondo estremamente dinamico ed in continua evoluzione, capace di modificare nel tempo la propria geografia e gli esseri viventi che lo abitano. La possibilità di far rientrare questi cambiamenti in un modello teorico razionale non fa che aumentare il fascino di una ricerca che ha sempre portato l’uomo a confrontarsi con le proprie origini, strappando lampi di certezze in un infinito di misteri.

Enrico Collo
geomaira@libero.it