Geologia - La storia geologica del
Pianoro della Gardetta 2\2
La storia geologica del
Pianoro della Gardetta
Parte
seconda: ...E poi si formarono le montagne.
Abbiamo lasciato la storia raccontata dalle rocce
della Gardetta a circa 200 milioni di anni fa, quando questi luoghi
assomigliavano molto alle attuali Bahamas, sia dal punto di vista climatico che
ambientale. Si trattava delle fasi iniziali della formazione di un oceano ormai
scomparso, la cui estensione si può ancora oggi ricostruire lungo gran parte
delle Alpi.
Il fatto di riconoscere fossili marini sulle
pareti delle montagne non significa che il mare ricopriva le cime dei monti,
come comunemente si crede, bensì che queste ultime un tempo rappresentavano un
fondo marino successivamente sollevato alle altezze attuali. Le forze
responsabili dell’innalzamento furono colossali spinte di compressione
sviluppatesi nello scontro fra i continenti che bordavano tutta l’area
compresa fra il Mediterraneo e l’India settentrionale.
E’ fondamentale dunque distinguere chiaramente
due eventi geologici successivi ed indipendenti: il primo fu la formazione delle
rocce, che alla Gardetta abbiamo visto comprendere un periodo fra i 300 e i 210
milioni di anni fa, preludio alla formazione di un nuovo oceano, la Tetide; il
secondo portò al sollevamento delle montagne, fenomeno che nel caso delle Alpi
interessa gli ultimi 70 milioni di anni ed è ancora attualmente attivo, come
ben ci ricordano i frequenti terremoti che interessano le nostre valli.
Le Alpi, come si può intuire guardando un atlante geografico
o una fotografia dal satellite, rappresentano la parte di una enorme cicatrice
della crosta terrestre, e si sono originate dallo scontro di due continenti: l’Europa
da un lato e un promontorio dell’Africa, chiamato Adria, dall’altro.
L’oceano che li separava, la Tetide per i geologi, si è
trovato dunque fra questi due blocchi entrati in collisione, rimanendone
schiacciato e subendo l’accavallamento, il sollevamento e l’impilamento dei
suoi fondali marini.
Anche la più fervida immaginazione fatica a ricostruire
nella mente l’imponenza di un tale evento geologico, eppure sono sempre le
rocce a confermare la ricostruzione dell’antica geografia del territorio da
cui oggi emergono le montagne.
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Risalendo la Valle Maira fino a San Damiano, sul versante
settentrionale si ritrovano i resti del promontorio del
continente
"africano", Adria;
le rocce tipiche, per esempio, sono quelle del San Bernardo e del Roccerè (Massiccio
Dora-Maira). Tutta la parte rimanente delle Valli Maira e Grana rappresenta
invece i fondali dell’oceano della Tetide, del quale si può ricostruire l’antica
geografia: i suoi margini vicino alle aree emerse dei continenti, le scarpate
franose che li collegavano alle zone marine più profonde ed ai vulcani
sottomarini che ne costituivano la cosiddetta "dorsale oceanica" (Zona
Piemontese dei Calcescisti e Flysch ad Helmintoidi). Passando infine
verso le Valli Stura e Gesso si ritrovano i resti dell’antico limite del continente
europeo (Zona Permo-Carbonifero Assiale, Brianzonese e Subbrianzonese,
Copertura Autoctona e Massiccio dell'Argentera) : è una battuta, ma fino
alla formazione delle Alpi l’Italia non faceva ancora parte dell’Europa!
L’area della Gardetta si trovava già in prossimità del
continente europeo, in un dominio geologico chiamato "Zona Brianzonese",
in quanto la stessa successione di rocce affiora in modo significativo nella
regione di Briançon, in Francia. Nel corso della ricerca per la tesi è stato
stupefacente riconoscere la similitudine fra zone così lontane (dalla Svizzera
alla Liguria), che può essere
seguita anche nella successione dei singoli strati; ciò significa che si
trattava di un braccio di mare molto omogeneo e continuo, in grado di registrare
gli stessi
avvenimenti ecologici e climatici (organismi che lo abitavano,
tempeste, periodi di siccità ed alta salinità delle acque, oscillazioni del
livello marino) anche alla distanza di centinaia di chilometri. Questi
innumerevoli indizi ambientali vengono intrappolati nelle rocce al momento della
loro formazione, mentre altre fondamentali informazioni sono dovute alla
compressione successiva, la quale registra nelle rocce già formate strutture
tipiche come piegamenti, fratturazioni, impilamenti e sovrascorrimenti dei
sistemi rocciosi a diversa scala. |
Sommando ogni testimonianza che gli può giungere dal
passato, il geologo-ricercatore si sforza da secoli, con metodi rigorosi, di
ricostruire la storia della Terra. Spesso egli si trova a lavorare con piccoli
tasselli di un immenso mosaico che, uniti pazientemente fra loro, portano ad una
immagine suggestiva ma realistica di ciò che è avvenuto, regolato
principalmente dalle forze che si sprigionano dalle viscere della Terra. La
consapevolezza profonda che egli matura è quella di far parte di un mondo
estremamente dinamico ed in continua evoluzione, capace di modificare nel tempo
la propria geografia e gli esseri viventi che lo abitano. La possibilità di far
rientrare questi cambiamenti in un modello teorico razionale non fa che
aumentare il fascino di una ricerca che ha sempre portato l’uomo a
confrontarsi con le proprie origini, strappando lampi di certezze in un infinito
di misteri. |
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Enrico Collo
geomaira@libero.it
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